STORIA, ASSAGGIO GRATUITO E RICETTA DEL PULLED PORK DI ROCK BURGER

STORIA, ASSAGGIO GRATUITO E RICETTA DEL PULLED PORK DI ROCK BURGER
di La redazione
Speciale

Finalmente è scoppiata la Pulled Pork mania. O forse no? Sarà la nostra percezione da malati, ma ci sembra chiaro che una delle principali specialità del BBQ americano sia ultimamente finita sulla bocca e tra le mascelle di tutti gli appassionati.

Parliamo di teneri sfilacci di maiale affumicati e cotti per lunghissimo tempo, alternati a una crosta spessa, sapida e croccante, immersi nei succhi ancora caldi fuoriusciti durante la cottura. Solo a scriverlo la salivazione raggiunge livelli indecorosi per noi stessi e il prossimo. A proposito: rimane un mistero il fatto che Chef Rubio non ne abbia parlato nei suoi lunghi viaggi per il mondo alla ricerca dei piatti con maggior contenuto di libidine.

Ora però mangiamoci un tarallo assorbisaliva e proviamo a calmarci, anche perché dovete dedicarci un bel po’ di tempo: di seguito troverete, infatti, la storia del piatto, la ricetta di Rock Burger e un invito ad assaggiarlo da loro, valido per un pugno di amanti e curiosi della specialità. A una condizione: che portiate pazienza. Ne vale la pena.

Per i re del barbecue, i Pitmaster, il Pulled Pork è un biglietto d’ingresso, ma non ha il valore assoluto del Brisket, mentre se la gioca con le Ribs e il Chicken, forse perché con il maiale si vince troppo facilmente mentre con il petto di punta di manzo, usato per il Brisket, tirare fuori capolavori di gusto è più difficile.

Voi però provate ad affondare i denti in questo panino ripieno di maiale, condito con una North Carolina’s Barbecue Sauce e una fresca Coleslaw, reinterpretazione dell’insalata di cavolo olandese, e poi veniteci a dire se esiste concorrenza per una cosa del genere.

Entrambi i piatti – Pulled Pork e Brisket - li trovate appunto da Rock Burger, nostro locale d’azione, avamposto milanese della cultura carnivora che, oltre a produrre gli hamburger più laidi in circolazione, ha il coraggio e la follia di dedicarsi ad alcune specialità del barbecue americano nel contesto di un ristorante.

Se avete letto il nostro racconto del loro metodo di cottura sapete di cosa stiamo parlando.

Chi glielo fa fare? Nessuno. Proprio lì sta il bello: la passione di questi ragazzi è smodata, specie quella del cuoco Enrico Salvini, insieme al quale abbiamo deciso di tracciare questo omaggio al Pulled Pork, scritto insieme ad Adriano Aiello e Alessandro Trezzi, nostro esperto di BBQ che paghiamo a spalle di maiale. E a cui perdonerete gli inglesismi. Alla fine si sta parlando di piatti delle tradizione americana.

A PORK STORY


«C’è una particolare zona degli Stati Uniti dove alcune tradizioni vivono in simbiosi, a ridosso dei monti Appalachi, un territorio diviso fra North Carolina, Tennessee, Virginia e Kentucky».

L’introduzione di Matteo Tassi, serial Griller e guru del barbecue italiano, non potrebbero essere più adatta; sono infatti queste le zone famose per sapere bene cosa fare con grandi tagli di maiale.


La scelta della carne non è poi così casuale; mentre nel Texas nasceva la tradizione di Brisket e Beef Ribs dal maestoso bovino, i freddi inverni dal 1600 in poi rendevano il roseo animale la scelta più immediata per sfamare gli abitanti. Fu sempre qui che i coloni ereditarono la cottura alla brace dagli indigeni, conferendo quel caratteristico sentore affumicato con legno di Hickory.

Tradizione gemella è quella del Moonshine, un whiskey distillato dal mais e prodotto dai clandestini al chiaro di luna, al riparo nel bosco per sfuggire al proibizionismo. I lunghi tempi dell’alambicco corrispondono alla pazienza adottata a cuocere il maiale, ingrediente imprescindibile per raggiungere un buon prodotto.

FISIONOMIA DEL PULLED PORK


Un risultato impeccabile non può prescindere da un pezzo di carne ben bilanciato. E purtroppo, prima ancora di Ribs o Brisket, il Pulled Pork è la preparazione che più soffre in Italia della mancanza del taglio più adeguato.

La parte superiore del Pork Butt è la porzione da Pulled Pork per antonomasia: il Boston Butt più tipico comprende una buona dose di spalla, il cui collagene costituisce un buon ritentore di umidità, e di coppa, con un quantitativo di grasso tale a conferire sapore e succosità. Si tratta insomma del taglio più equilibrato, ben compatto, squadrato (prestandosi quindi a una cottura più uniforme) e se lavorato correttamente comprende anche la scapola, per un surplus di sapore non indifferente.

Sottostante, più economico ma comunque ben considerato oltreoceano è il Pic Nic, dotato di una buona presenza di ossa e di parecchio collagene, forse troppo.

Boston Butt e Pic Nic sono tuttavia tagli americani, difficilmente reperibili nel bel paese se non sotto richiesta specifica ad un macellaio accondiscendente. Da noi infatti gran parte delle sezioni è destinata ai salumi, una tradizione che si porta dietro una fisionomia dei tagli ben più piccola.


La nostra coppa ha un buon apporto di grasso, e un muscolo ben marezzato affettuosamente denominato “Money Muscle” per il suo gran sapore e la capacità di far vincere le competizioni.
Il difetto di questo taglio sta nella quantità inferiore di collagene, che lo rende soggetto ad una repentina disidratazione.

Il miglior compromesso è forse la spalla, un taglio magro e poco saporito ma dall’ottimo collagene, e se recuperata con osso consente di ottenere risultati più che soddisfacenti.

SPORCARSI LE MANI


Le preparazioni della cucina Low & Slow sono per lo più metodiche, sancite da passaggi inequivocabili ai quali conviene sottostare per lo meno come linea guida. Parlando con Enrico però abbiamo capito come, al di là di miti, fanatismi e rigidità, sta a ognuno sapere trovare la propria strada. Viaggiando, assaggiando, sperimentando.

Soprattutto studiando. Occorre grande esperienza per maneggiare la carne, speziare a dovere, dosare l’affumicatura, gestire la cottura, la formazione del Bark e la conservazione di umidità e sapore interni.

Se siete estranei a questi concetti tornate a leggere il nostro primo speciale sull’American Barbecue.
Anzitutto il taglio recuperato viene “trimmato”, privato ovvero dei pezzi di carne che lo rendono irregolare e rischiano di non rendere uniforme la cottura, e del grasso in eccesso che sciogliendo potrebbe portarsi via le spezie. Utile, soprattutto nei tagli italiani, è l’immissione nella carne di liquidi come succhi dolci o brodo, per mantenere umidità e succulenza durante la cottura.

Uno strato d’olio o di senape aiutano il matrimonio con il Rub, che deve essere sapido, piccante, profumato e sufficiente a insaporire tutto il pezzo di carne caramellando la crosta. Ingredienti fondamentali sono quindi pepe, sale, zucchero di canna, paprika, aglio, cipolla e peperoncino.

La temperatura per una cottura eccellente si aggira intorno ai 107°-110°, per una prima fase di affumicatura che termina il suo corso al raggiungimento dei 55° interni, quando la carne si cauterizza impedendo ad altro fumo di entrare. Ma ci sono scuole di pensiero diverse in proposito.

Abbiamo celebrato la follia dei nostri amici di Rock Burger per la cura con cui si dedicano alle preparazioni originalmente pensate per il BBQ, ma in termini di cottura qualche vantaggio rispetto ai Pitmaster ce l’hanno. Questo perché, nella preparazione classica, tra i 60 e i 70°, è praticamente inevitabile il raggiungimento della fase di stallo.

Cos’è lo stallo? Non è dissimile da quello che termina le partite a scacchi! Fenomeno terrificante per qualsiasi Pitmaster, specie perché non può prevedere quando accadrà, è una fase di stasi della cottura che si verifica a causa dell’evaporazione superficiale dei liquidi della carne, che abbassano la sua temperatura contrastando l’innalzamento dovuto al calore.

Per contrastarlo è utile ricorrere alla tecnica del Texas Crutch, inserendo la spalla in una vaschetta coperta con dell’alluminio, in modo da creare una camera di vapore che innalza la temperatura senza rovinare eccessivamente il Bark.


Dopo tale esperienza è tutto, più o meno, in discesa: ultimi minuti fuori foil per asciugare la crosta, e ai 98°C la spalla può essere doverosamente “pullata”. Ovvero sfilacciata e ridotta senza fatica ad un cumulo di sfilacci, pronta per la preparazione. È un procedimento che abbiamo ripreso e fotografato con cura, ma i risultati estetici non sono mai ragguardevoli. Il Pulled Pork è tanto buono, quanto fotograficamente poco affascinante.

Questa è la linea guida universalmente riconosciuta; affumicatura più o meno presente, bark più morbido o croccante, kick del Rub prepotente o meno, iniezione di liquidi, moisture adiuvata nel Texas Crutch dall’inserimento di componente grassa e/o zuccherina, e ancora riposo o meno della spalla al raggiungimento della temperatura: queste e altre sono le personalizzazioni che ognuno ha facoltà di eseguire per raggiungere il risultato più in linea con le sue aspettative.

NON DI UNA SOLA SALSA VIVE IL PULLED PORK


Lo sappiamo, quella della salsa barbecue è una faccenda seria in America; ne esistono di svariate versioni, una per ogni stato, e ognuno si vanta di avere la ricetta originale. Le lotte interne somigliano alle nostre diatribe tra focaccia e pizza bianca, pancetta o guanciale, parmigiano o grana.

In Carolina la diversificazione è ancor più accentuata: a est una salsa molto liquida a base di aceto e spezie, a ovest la versione meno aggressiva con aggiunta di ketchup, e a sud la rielaborazione con senape dovuta alla presenza di tedeschi e olandesi.

Secondo Gianfranco Lo Cascio, nume tutelare del BBQ in Italia, però, è la regione a ovest, nel Piedmont, ad avere la miglior ricetta, più conosciuta e famosa, in concomitanza con la vera mecca del Pulled Pork, a Lexington.


Buona regola è sfilacciare la spalla di maiale, coccolarla nei suoi succhi e condirla con un velo di salsa, perché ne risulti quasi lucida, saporita, umida e conservi tutte le sue caratteristiche, senza che il sapore di carne ne venga alterato, ma altresì innalzato, spinto al di là dei confini della libidine umana.

E perché non preparare una salsa a base di whiskey, in ricordo dei distillatori clandestini?

LA RICETTA DI ROCK BURGER, O IL POCO CHE POSSIAMO RIVELARVI


Come premesso, la sfida di Rock Burger è duplice. Porre l’attenzione alla tradizione dei piatti della cultura BBQ, e in generale delle lunghe cotture, uscendo dall’ossessione milanese del solo hamburger. E prepararne una versione personale, gustosa, che ne rispetti le caratteristiche, ma se ne differenzi per ovvi motivi, su tutti la cottura nel forno.

La sfida che potremmo lanciare a voi, invece, potrebbe essere quella di sentirne le differenze con la ricetta classica, magari con un assaggio alla cieca, ma quello che davvero ci interessa è proporvi la loro versione. O almeno quello che siamo riusciti a carpire vista la segretezza di molti dei passaggi principali.


Ecco di seguito la ricetta del Pulled Pork di Rock Burger inviataci da Enrico Salvini.

- Pulire la spalla di maiale rimuovendo le bolle di grasso più grandi
- Affumicare a freddo per una dozzina d'ore con segatura di melo, ciliegio o noce americano
- Siringare nelle parti più spesse con la marinatura (ehhh, dovrete inventarvela voi... la nostra non ve la diciamo!)
- Lasciar riposare una mezz'ora al freddo
- Sigillare/rosolare la spalla in padella con olio d'oliva fino a formare una crosticina color rame.
- Applicare massaggiando il misto di spezie (anche per questo dovrete sperimentare...)
- Sottovuotare la spalla al 100% in un sacchetto resistente al calore
- Cuocere in forno (vapore 100%) a 80° per 12/13 ore, o fino a quando un termometro a sonda indichi i fatidici 65°
- Lasciare intiepidire fino a 50° nel sacchetto
- Aprire il sacchetto estraendo la spalla e tenendo da parte i succhi
- Sfrangiare la spalla in un grosso contenitore, eliminando eventuali pezzi di grasso che non vi piacessero
- Aggiungere i succhi ed eventualmente regolare di sale

Questo è quanto posso dire. Buona fortuna!
 
ORA È IL VOSTRO TURNO

Lo sappiamo, volete provare il piatto. Se non siete già da Rock Burger a digerire questo trionfo di sapore e volete approfittare della loro generosità, a cinque di voi verrà regalato un assaggio gratuito. Vi chiediamo solo di raccontarci, nei commenti, il vostro rapporto con il Pulled Pork, se l’avete già assaggiato, se vi siete cimentati con questa preparazione o il perché vi incuriosisca. 

Le storie più interessanti corredate dal vostro nome e cognome, a nostro insindacabile giudizio, saranno scelte e nominate nei commenti all’articolo.


Buon appetito.
 
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