Barbecue & Grill: viaggio tra sapori, convivialità e competizione

Barbecue & Grill: viaggio tra sapori, convivialità e competizione
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Ogni anno, quasi per istinto, a Pasquetta milioni di italiani tirano fuori dal box la griglia impolverata e aprono la stagione.

Che sia nel proprio giardino, al lago o al parco, la formula è nota: una salamella a testa, qualche costina di maiale, due braciole per chi ha ancora fame, fiumi di birra, salse a volontà e un peperone, una zucchina e una melanzana per sentirsi meno in colpa.

Dai 60 ai 90 minuti per accendere la carbonella, lanciare la carne sul grill e attendere l’avvenuta cottura. Poi, salvo rare occasioni, ci si rivede a Ferragosto, dopodiché la griglia torna nel box in attesa dell’anno successivo.

Ecco, se leggendo vi è sembrato di rivivere la stessa situazione questo articolo probabilmente vi sconvolgerà il vostro modo di vedere la brace, ma su una cosa siamo tutti d’accordo: Barbecue e Grill sono due forme di assoluta convivialità, di ritorno alle origini, al fuoco, ai sapori intensi e alla cucina all’aperto. Non c’è niente di più rilassante dello stendersi al lago con una birra in mano, girando la carne e godendosi l’una e l’altra meraviglia.

In Italia abbiamo una delle culture gastronomiche più invidiate, intense, variegate ed esaltanti dell’intero globo. Ma sulla cottura al barbecue c’è da mettere necessariamente i puntini sulle i; come dice Gianfranco Lo Cascio, maestro ed esperto del settore, “l’America è il presente, l’Inghilterra è il medioevo, l’Italia è la preistoria”.

Non si tratta ovviamente di incapacità o di mancanza di volontà, ma di semplice concezione; se per noi grigliare è solo una forma di cottura alternativa, limitata al periodo estivo, per gli americani è una filosofia di vita, un’esperienza quotidiana, un mondo enorme ed eccezionalmente complesso. 

La stessa abitudine a grigliare solo ed esclusivamente carne e qualche sporadico ortaggio è da considerarsi antiquata: iniziate a mettervi nella condizione mentale che se potete cucinare qualcosa potete anche grigliarlo; e il contributo italiano sta proprio in questo ultimo, sacro comandamento, in quanto in virtù della nostra versatilità non è affatto raro assaggiare anche paste e risotti perfettamente cotti al barbecue, con risultati estremamente eccezionali.

Negli ultimi anni fortunatamente questa cultura è cresciuta enormemente nel nostro paese, anche dal punto di vista competitivo: il mondo delle gare di Barbecue si sta espandendo sempre di più, concedendo spunti, scoperte e innovazioni di sapore, ma sempre conservando quella grande convivialità che caratterizza l’ambiente.

La competizione non è mai violenta o spregiudicata, e il profondo rispetto che intercorre tra i molteplici team in gara è a dir poco commovente; avremo comunque modo di parlarne in futuro, quando seguiremo uno dei tanti eventi organizzati dalle due grandi associazioni mondiali, la Kansas City Barbecue Society (KCBS) e la World Barbecue Association (WBQA), a fianco di uno dei team della nostra zona, gli Italian Style BBQ Team.

Tuttavia, non sarebbe giusto limitare la conoscenza del mondo competitivo solo a quella fetta che già naviga nell’ambiente. Ci siamo quindi permessi di offrirvi un piccolo viaggio tra le tecniche, gli strumenti e le preparazioni più diffuse del Barbecue e del Grill.


TECNICA, STILE E STRUMENTAZIONE
Cominciamo a fissare qualche punto: per Grill si intende la cottura di pietanze di grandezza medio-piccola, per tempi relativamente brevi nell’ordine della decina di minuti, mentre con accezione più specifica si intende con il termine Barbecue la cottura di grandi pezzi di carne per tempi molto lunghi, solitamente nell’ordine di ore.

Sì, ore: la filosofia e la tecnica del celebre Low & Slow per molti americani è l’unico metodo conosciuto ed accettato per fare Barbecue, e le ragioni si celano dietro i fantastici risultati, la cultura, le usanze e le abitudini di un paese dove mediamente non è raro trovare file di abitazioni con uno o due dispositivi esposti in giardino.

Nonostante il fascino indiscusso del Low & Slow e il suo importante contributo all’interno delle competizioni, noi italiani siamo sicuramente più vicini al termine “grilling”, e in particolar modo alla cottura veloce di piccoli pezzi di carne. Non è tuttavia l’unico metodo possibile, e nemmeno il più attraente; di norma parliamo di cottura diretta se effettuata direttamente sopra la fonte di calore e a temperature mediamente più elevate, e di cottura indiretta se effettuata lontana dalla fonte di calore, a temperature più basse e solitamente con l’ausilio di un coperchio sfruttando i moti convettivi.

Capirete che la combinazione di queste due modalità rende il barbecue uno strumento dalla versatilità enorme con il quale raggiungere decine di preparazioni, ad eccezione del solo gelato, per ovvi motivi: pesce, carne, verdure, primi piatti, dolci, persino il pane e la pizza, non c’è davvero limite a questo mondo, con l’unico compromesso di disporre dell’attrezzatura adeguata.

Weber e Outdoorchef sono due delle aziende più amate e apprezzate nel nostro paese, produttrici di un vasto arsenale fatto di modelli e accessori variegati per tantissime fasce di prezzo assolutamente accessibili. I dispositivi sicuramente più utilizzati e versatili prendono il nome di Kettle: trattasi di strumenti ovoidali sorretti da un treppiede, realizzati in acciaio altamente resistente e smaltati per prevenirne l’usura, sono dei veri e propri forni alimentati a brace, divisi in tre zone ovvero il braciere, la griglia e la camera di cottura, realizzabile con l’ausilio del coperchio.

Esistono anche alcune varianti, come i dispositivi a gas, dalla gestione sicuramente più semplice e in grado di replicare gli stessi identici risultati, a fronte di un costo iniziale maggiore, il cui utilizzo è però vietato in gara, oltre a quelli elettrici, meno prestazionali ma comodi per l’assenza di combustibile.

L’essenza del Barbecue americano è però racchiusa negli Smoker, camere di cottura dove è possibile cuocere uno o più pezzi di grandi dimensioni per tempi estremamente elevati grazie alle ottime condizioni replicate al loro interno; la caratteristica principale sta nella tecnica dell’affumicazione, il pallino di ogni griller che si rispetti, e che qui viene eseguita con minuzia e attenzione. Ne esistono principalmente di due tipi, i classici orizzontali, detti Offset Smoker, o i verticali, anche detti Bullet Smoker per la loro caratteristica forma a proiettile.
 

LE ARMI DEL PIT MASTER
Molti di voi a questo punto si staranno chiedendo: perché dovrei scendere le scale, raggiungere il giardino in un freddo inverno, accendere la brace e preparare una bistecca nel Kettle o nello Smoker anziché nella comoda piastra da cucina?
Beh, la versatilità aggiuntiva di questi strumenti sta proprio nelle opportunità concesse al mondo gastronomico. Una volta muniti di pinze arrotondate, utensili per la pulizia della griglia, guanti ignifughi, un termometro a sonda per alimenti e di un comodissimo camino per la perfetta accensione in pochi minuti dei bricchetti di carbonella, tante sono le possibili aggiunte di cui la vostra carne, il vostro pesce e addirittura il vostro risotto potranno usufruire.

Abbiamo parlato di affumicazione, ebbene, non si esagera quando ci si riferisce a questa tecnica come l’essenza del Barbecue, per lo meno di quello americano. Il fumo diventa un vero e proprio ingrediente della ricetta, al pari delle spezie; tanti sono i tipi di legno e ognuno possiede proprietà di sapore differenti, abbinabili o meno ad una certa preparazione: gli imponenti hickory e quercia per il manzo, i dolci ciliegio e melo per pesce o maiale, e così via.

Il trucco sta nel saper dosare il livello di fumo, e soprattutto nello scegliere la forma corretta per il dispositivo utilizzato: dai piccoli trucioli denominati chips per i kettle, al minuscolo pellet, ai tranci detti Chunks per i bullet per arrivare ai grossi Logs usati negli offset smoker.

Da queste parti abbiamo spesso tirato in ballo la famosa reazione di Maillard, responsabile di quella gustosa crosticina presente a fine cottura sulla carne come sul pane e sulla pizza. Se avete imparato ad amarla sappiate che nel barbecue tale reazione raggiunge livelli eccezionali, grazie alle temperature, alle condizioni di calore secco e alla maestria del griller, che sa ben replicare l’assenza di umidità superficiali e gli almeno 160 °C necessari per lo sviluppo di tale fenomeno.

Tanti sono i trattamenti effettuati sul cibo, alcuni proprio per aumentare la consistenza e le proprietà di tale crosta, conosciuta anche come Bark. Il Rub è senza dubbio uno di questi, una miscela di spezie che il Pit Master prepara per insaporire e al contempo stesso disidratare la superficie della pietanza.

Esistono poi tecniche come la marinatura, atta ad aumentare non solo il sapore ma la consistenza di alimenti notoriamente asciutti come il pollo o il pesce, e la salamoia, utilizzata per ammorbidire grandi tagli di carne spesso tenaci; lo stesso risultato, ma con aggiunta di sapore, è raggiunto con le Injection, iniezioni di liquidi (spesso brodo speziato) che intenerisce, insaporisce e rende umidi tagli e pezzi di carne che hanno il rischio di divenire asciutti e stoppacciosi. 
 
E dopo una summa sulle principali nozioni arriviamo dunque alla parte più succulenta, le classiche preparazioni di gara e di contorno del Barbecue competitivo (e non).
 

BRISKET
Il re indiscusso del Barbecue Americano. Per noi è la punta di petto di manzo, un taglio poco conosciuto perché troppo tenace, utilizzato per fare brasati o bolliti.

Ecco, tutto ciò che l’italiano cuoce in pentola, l’americano spezia, affumica e cuoce a bassissima temperatura (intorno ai 110 °C) per 12,18 o anche 24 ore, a seconda del peso della carne, per poi tagliarlo in sottili fette tenere all’inverosimile. Una temperatura così bassa è il fondamento del Low & Slow, in quanto permette al collagene presente nel grasso di sciogliersi lentamente in saporita gelatina, e alla carne di rimanere morbida e succosa, senza prescindere dalla formazione di un saporito Bark.

Di origini texane, il Brisket è forse la preparazione più complessa e piena di insidie di tutto il mondo del Barbecue americano, il punto di arrivo di qualsiasi Pit Master che si avvicina alla griglia.


RIBS
Facciamo ancora il gioco dei confronti: se l’italiano prende un carré di costine di maiale, se lo fa tagliare e lo piazza a cottura diretta senza troppi se e ma, l’americano tiene intera la slab, spezia con il Rub, cuoce in indiretta a temperature di 110-120°C dalle 4 alle 6 ore spennellando sul termine con della raffinata salsa barbecue per laccare e insaporire la crosta.

Le più famose sono sicuramente del North Carolina, e sono una delle preparazioni sicuramente più vicine agli standard italiani, il cui punto di partenza è sicuramente più accessibile ma il raggiungimento della perfezione è colmo di punti caldi. Le abbiamo conosciute nei vari Road House o Old Wild West, ma vi assicuro che preparate con criterio sono tutta un’altra cosa.


PULLED PORK
Non vi nascondo che nutro un’ammirazione morbosa per chiunque, tra Tennessee, North o South Carolina abbia inventato un modo così fantastico e godurioso per cuocere una spalla di maiale. Parlando di Pulled Pork generalmente si riferisce al lussurioso sandwich che ne deriva: spalla di maiale cotta e affumicata dalle 8 alle 16 ore al punto da renderne la fibra tenera e sfilacciabile all’inverosimile, accompagnata da salsa barbecue e da una fresca coleslaw, un’insalata di cavolo e maionese, racchiusi in un morbido panino.

Non riuscite a tenere a freno l’acquolina vero?


CHICKEN
Che si tratti di petto, cosce, sovracosce, ali o di un pezzo intero, il pollo è una delle pietanze più versatili al Barbecue, che nasconde però una notevole insidia: non può essere cotto al sangue o medio, ma per legge deve essere necessariamente servito ben cotto, con una temperatura interna di almeno 77 °C. Considerando però che si fa presto a renderne l’interno asciutto, la finestra di realizzazione di un pezzo di pollo è davvero minuscola e costituisce la sfida di ogni Pit Master che ci si cimenti.

Cosce, ali e sovracosce sono solite essere marinate e cotte lentamente con temperature tra i 140 e i 170°C, rendendo morbido l’interno e croccante la pelle; il petto è solitamente marinato e cotto direttamente sulla piastra, mentre il pollo intero ruota intorno al metodo dello spiedo o alla spettacolare preparazione del Beer Can Chicken, un pollo infilato in una lattina di birra aperta, speziato e cotto anch’esso a temperature tra i 140 e i 170 °C.
 

FISH
Insidioso, arduo e costoso; il pesce al barbecue, nonostante non sia sempre oggetto di gara, è una preparazione davvero difficile. Non è semplice infatti tenere croccante la pelle senza farla attaccare all’insieme, verificare la cottura della fibra o rendere saporito ogni esemplare.

Fidatevi però che di fronte a dei calamari alla griglia, a un salmone cotto e affumicato su di una placca di cedro, a un filetto di tonno marinato o a un branzino al cartoccio il vostro palato esploderà qui più che davanti al forno di casa.


BARBECUE SAUCE
A volte come attrice protagonista, altre come non protagonista, la salsa barbecue è sicuramente la preparazione di accompagnamento più conosciuta, variegata ed amata di questo mondo. Ne esistono innumerevoli versioni, tanto che in America ne viene discussa l’origine e ogni Pit Master vanta la sua personale versione, perfezionata dopo tantissimi tentativi.

Leggermente affumicata, con punte di acido e note dolci e piccanti, usata come accompagnamento, nei panini o per laccare le Ribs, non c’è salsa più adatta alle tavolate piene di carne appena sfornata da un fumante Kettle.
 
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