Perché farsi una pizza in casa?
Perché farsi una pizza in casa?Speciale
Era sabato 1 febbraio 2014, e un più giovine Alessandro Trezzi era a tavola davanti all’ennesima apparizione di Gabriele Bonci alla Prova del Cuoco.
Si, frustatemi pure, ma non me lo riuscivo a perdere.
Dopo qualche anno tra esperimenti, prove senza criterio e cazzeggio da pausa studio, quell’omone romanaccio era riuscito a convincermi che fare una pizza decente in casa non era poi così difficile, trasmettendo per altro una passione smodata e un incalcolabile amore per la materia prima.
E dinnanzi al #foodporn dilagante di quella teglia di pizza bianca con patate, provola e funghi, decisi di mettermi all’opera predisponendomi alla preparazione per il giorno successivo.
Se oggi ripensassi a quella pizza (o all’appuntamento quotidiano con la Prova del Cuoco) probabilmente mi getterei dalla finestra, ma ai tempi l’esaltazione, l’adrenalina e la felicità di aver sfornato un prodotto al 100% homemade mi mandava l’euforia fuori scala.
Ecco spiegato perché ho traccia della data precisa: di quel primo, timido approccio conservo ancora le foto su Facebook.
Fu l’inizio della fine.
Focacce genovesi, pizze in teglia, mix di farine, pippe mentali, e poi libri, ricerche online, forum.
Un disastro.
Una malattia radicata al punto che l’estate dello stesso anno, in occasione del mio compleanno, lavorai circa 15 ore di fila per sfornare sette panificati diversi per dieci malcapitati.
Ho ancora in testa l’immagine di gente che si rotola a terra satura di carboidrati.
O di birra.
Perché tutta sta noiosa trafila sentimentale?
Perché oggi, dopo anni di teglie, chili di farina e impasti, sperimentazioni, studi, qualche corso e risultati decisamente al di sopra delle iniziali aspettative, posso rispondervi con certezza alla seguente domanda: perché farsi la pizza in casa?
Perché è una soddisfazione unica.
Perché impastare è un antistress allucinante.
Perché osservare il proprio semilavorato gonfiarsi in forno mette di buon umore.
Perché scegliere le proprie materie prime è il modo migliore per innamorarsi della materia prima.
Perché giocare con gli accostamenti di sapori e con l’equilibrio tra le consistenze è un divertimento assicurato.
Perché stupire gli invitati fa sempre scena.
Perché è un cammino lungo, ma in continua crescita.
Perché in fondo migliorare di volta in volta è sempre indice di autostima.
Per comprendere meglio la qualità offerta dal mercato, e saper premiare chi se lo merita.
Perché cucinare è bello, sempre.
Perché mangiare è bello, sempre.
E con questo, vi do il benvenuto ufficiale nella rubrica Casa Trezzi.
Faremo un viaggio insieme, impareremo i fondamenti, sviscereremo dubbi, chiacchiereremo su test ed esperimenti, in maniera passionale, umile e totalmente disinteressata.
Perché la pizza siamo noi, mettetevelo in testa.
Enjoy your meal!
Si, frustatemi pure, ma non me lo riuscivo a perdere.
Dopo qualche anno tra esperimenti, prove senza criterio e cazzeggio da pausa studio, quell’omone romanaccio era riuscito a convincermi che fare una pizza decente in casa non era poi così difficile, trasmettendo per altro una passione smodata e un incalcolabile amore per la materia prima.
E dinnanzi al #foodporn dilagante di quella teglia di pizza bianca con patate, provola e funghi, decisi di mettermi all’opera predisponendomi alla preparazione per il giorno successivo.
Se oggi ripensassi a quella pizza (o all’appuntamento quotidiano con la Prova del Cuoco) probabilmente mi getterei dalla finestra, ma ai tempi l’esaltazione, l’adrenalina e la felicità di aver sfornato un prodotto al 100% homemade mi mandava l’euforia fuori scala.
Ecco spiegato perché ho traccia della data precisa: di quel primo, timido approccio conservo ancora le foto su Facebook.
Fu l’inizio della fine.
Focacce genovesi, pizze in teglia, mix di farine, pippe mentali, e poi libri, ricerche online, forum.
Un disastro.
Una malattia radicata al punto che l’estate dello stesso anno, in occasione del mio compleanno, lavorai circa 15 ore di fila per sfornare sette panificati diversi per dieci malcapitati.
Ho ancora in testa l’immagine di gente che si rotola a terra satura di carboidrati.
O di birra.
Perché tutta sta noiosa trafila sentimentale?
Perché oggi, dopo anni di teglie, chili di farina e impasti, sperimentazioni, studi, qualche corso e risultati decisamente al di sopra delle iniziali aspettative, posso rispondervi con certezza alla seguente domanda: perché farsi la pizza in casa?
Perché è una soddisfazione unica.
Perché impastare è un antistress allucinante.
Perché osservare il proprio semilavorato gonfiarsi in forno mette di buon umore.
Perché scegliere le proprie materie prime è il modo migliore per innamorarsi della materia prima.
Perché giocare con gli accostamenti di sapori e con l’equilibrio tra le consistenze è un divertimento assicurato.
Perché stupire gli invitati fa sempre scena.
Perché è un cammino lungo, ma in continua crescita.
Perché in fondo migliorare di volta in volta è sempre indice di autostima.
Per comprendere meglio la qualità offerta dal mercato, e saper premiare chi se lo merita.
Perché cucinare è bello, sempre.
Perché mangiare è bello, sempre.
E con questo, vi do il benvenuto ufficiale nella rubrica Casa Trezzi.
Faremo un viaggio insieme, impareremo i fondamenti, sviscereremo dubbi, chiacchiereremo su test ed esperimenti, in maniera passionale, umile e totalmente disinteressata.
Perché la pizza siamo noi, mettetevelo in testa.
Enjoy your meal!
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