â??La Commissione frena gli Home-Restaurant

â??La Commissione frena gli Home-Restaurant
Velina

Nel 2016 aprire un ristorante in casa propria si può? Si ma a rigide condizioni.
Infatti gli Home-restaurant, ovvero ristoranti gestiti in casa dai proprietari e aperti ad amici ed estranei stanno spopolando e contano di diventare un vero e proprio business. Il motivo? Forse uno dei più banali, quando c’è crisi, per arrotondare, ne si inventano di ogni.

Con gli Home-Restaurant, infatti, la cucina non è semplicemente casareccia, ma “casalinga”, gli ospiti contribuiscono alla spesa, e con soluzione una del genere il cliente non solo risparmia in denaro, rispetto ad una comune trattoria, ma ha anche la possibilità di godere di un ottimo clima familiare. Il che per un turista è un enorme vantaggio ed un efficacie biglietto da visita per il nostro paese.  

Ma il Parlamento ha deciso di tutelare maggiormente gli interessi della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), che più volte ha manifestato insofferenza nei confronti di queste nuove aperture. Pertanto La versione della legge sull’Home Restaurant, approvata lo scorso 25 settembre dalla Commissione parlamentare Attività Produttive, segna pesantemente la rotta verso una chiusura riduzionistica e accentratrice delle attività connotate dallo spirito della sharing economy. 

E pensare che solo qualche mese fa a giugno 2016, la Commissione responsabile per il Mercato interno, richiamava gli Stati membri sull’importanza di valorizzare di tutte le forme di economia collaborativa, lanciando addirittura un'"Agenda europea per l’economia collaborativa" che contribuisse a tale scopo. 

Ma oggi purtroppo, con l’ipocrisia che avanza, il sogno di collaborazione sembra essere diventato un’utopia, data la legge che tende fortemente a frenare e ridimensionare questa possibilità, i vincoli in merito sono molteplici e fortemente forzati, a cominciare dall’imposizione di doversi registrare su "piattaforme tecnologiche" che acquisiranno i pagamenti, esclusivamente in forma elettronica. Inoltre si specifica che tale attività deve essere registrata dalle piattaforme tecnologiche in un apposito registro elettronico almeno trenta minuti prima della sua fruizione. 

C’è chi parla di discriminazione, perché ciò impedisce ai gestori di promuoversi autonomamente, a differenza degli altri locali che sono liberissimi di poterlo fare. 

Un regolamento tale non si pone forse in contrasto con i principi di libera concorrenza e con i correlati principi di parità di trattamento e non discriminazione? 

Ma non è finita qui, A rendere ancora più difficoltosi i lavori, sono i limiti imposti dal disegno di legge che impongono un massimo di 500 coperti all’anno, per una media di poco più di un coperto al giorno. Il limite economico, inoltre, sarebbe di 5 mila euro lorde per le somme conferite dagli ospiti. 

Eppure sono molte le strutture in Italia e in Europa interessate al progetto e pronte a finanziarlo, ma a fronte di tali vincoli non sono pochi quelli che decidono di tirarsi indietro. Se l’attività di Home Restaurant, richiedesse una dichiarazione di avviamento attività (SCIA) oltre alla necessaria assicurazione e certificazione HACCP, ma non avesse altri vincoli fortemente limitanti, come quelli previsti dall’attuale disegno di legge, forse il numero di gestori subirebbe un’impennata nel giro di poco tempo. 

Esempio lampante è l’Inghilterra dove tale attività è disciplinata solamente dalle norme igieniche di somministrazione del cibo, ma non ha vincoli di ordine burocratico come nel nostro paese. 

Si spera, dunque, che l’attuale disegno di legge possa essere rimesso in discussione e risanato, per contribuire in maniera efficace alla crescita delle attività economiche di chi, con buona volontà, intende contribuire allo sviluppo dell’accoglienza turistica in Italia.   
Condividi

Potrebbe interessarti...