DITE ANCHE VOI BASTA ALLA CUSTOMIZZAZIONE DEL PANINO

DITE ANCHE VOI BASTA ALLA CUSTOMIZZAZIONE DEL PANINO
Speciale

L'altra sera mi sono riparato da un'improvviso diluvio rifugiandomi in una piccola, bianca, ben architettata hamburgeria milanese. Non essendo luogo da dibattito socratico ci ho mangiato, ho speso 12 euro e sono uscito abbastanza insoddisfatto.

Ma non è questa la ragione del post e nemmeno quella immediatamente successiva, portate pazienza.

A dispetto di chi la reputava una moda passeggera, questi posti, che si assomigliano tutti in modo ineluttabile, continuano ad aprire. Non perché la gente desideri nello specifico un hamburger (la gente non ha quasi mai voglia di niente, ama solo pensare di avere voglia di qualcosa), ma perché è un modello economicamente vincente applicabile anche all'etnico, allo street food e a qualsiasi creazione moderna in campo gastronomico.

Pensateci bene, avete 20 metri quadrati, vi affidate a un esperto del settore, fate un po' di comunicazione, comprate la carne a 10 euro al chilo e la proponete a 5 euro l'etto, ma i costi sono quelli di una o due persone alla griglia, solitamente di colore, e una persona alla casa, solitamente della Bocconi.

Se va bene aprite altre sedi, fate economia di scala e se i costi cominciano a farsi insostenibili avete dalla vostra il posizionamento e quindi la possibilità di vendere tutto a prezzi allettanti. Insomma, se pensate che i grandi ristoranti celebrati con 15 persone in cucina e altrettanti in sala si arricchiscano in tempi di mattanza burocratica e tassazione vorticosa sbagliate di grosso.

Il modello piccolo locale garantisce margini, fornisce un senso di contiguità con la strada e con qualche stratagemma (tavoli alti, sedie scomode) lo registrate come take-away --anche se tutti ci mangiano dentro-- risparmiando il bagno e il servizio ai clienti.

Però... però.

Non era mia intenzione fare un'analisi di mercato, ma lamentarmi della tendenza più inevitabile di questi luoghi: la "customizzazione" estrema, questa mania di personalizzare la composizione del panino che genera momenti di panico decisionale, stimola il cliente all'accumulo indiscriminato di elementi (stile fame chimica) e alla fine è dannosa per l'esercizio stesso.

Perché se dalla cucina esce un burger che fa schifo a causa degli accostamenti arditi è pure colpa vostra che permettete al cliente di esibirsi in bizzarre performance pseudogourmet.

Insomma, mi sta bene tutto: mangiare su uno sgabello un prodotto non indimenticabile, andarmelo a prendere quando gridate il mio nome e pagare un conto che richiederebbe magari un servizio, però un menù o delle proposte già assemblate fatemele invece di farmi risolvere algoritmi, mettere crocette e assemblare ingredienti come se fossi a un'esame di cucina.

Altrimenti fate prima a darmi anche un grembiule che il panino me lo preparo da solo. Almeno risolvo il problema di ogni hamburgeria di Milano: la cottura della carne.
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